La chimica della gioia
Il nuoto è, per chi lo pratica con passione, una speciale condizione umana, una dipendenza, una chimica della gioia. Che cosa accade a noi nuotatori appassionati dopo numerose vasche? Massicce quantità di beta–endorfine liberate nel cervello abbracciano strette i recettori sparsi in vari punti del sistema nervoso. L’effetto è possente, dura un paio d’ore. Un processo stupefacente, nel vero senso della parola, che dà dipendenza. Lo sanno benissimo tutti i nuotatori. Felicità per me, ogni volta, raccontarlo.
Nuoto con regolarità da più di trentacinque anni e, come ho scritto altrove, non riesco a smettere. Devi amare l’acqua se ami il nuoto. Ovvietà. Ma se amerai il nuoto, imparerai presto a conoscere che cosa è veramente quell’acqua che nutre il fiume della tua città, che muove il mare e scatena torrenti e cascate. Imparerai ad apprezzare, incredibilmente, la natura artificiale della fresca acqua clorata di una piscina, anche d’inverno. E d’estate riconoscerai l’instabile carattere del mare. Affronterai le sue improvvise variazioni di umore, come l’intreccio di correnti tiepide e freddissime sotto il tuo corpo che potranno, complice un vento improvviso, rendere faticoso il ritorno alla caletta, alla spiaggia o al gommone, mettendo a prova fiato, forza e volontà. In una parola tutta la tua linfa vitale. Che ritroverai sdraiandoti al sole e inebriandoti di luce o bevendo caffè caldo al riparo a nuotata conclusa. In una giornata di mare mosso, imparerai a tuffarti dentro le onde più alte appena si formano, sotto le creste non ancora spumose, e per quasi due ore dimenticherai di avere più di cinquant’anni. Urlerai di gioia e scherzerai con la vita come quando eri adolescente, anzi meglio di allora, perché il tempo oggi è forse davvero più tuo e ne conosci tutta la preziosità.
Esiste da sempre nella storia dell’umanità il bisogno di sentirsi altrove, passando per vari sentieri fisico–mentali. Meditativi, contemplativi, adrenalinici. Gettare la zavorra dei pensieri più pesanti e distruttivi, procedere per sottrazione del superfluo e dell’inquinante l’umore, rifugiandosi nell’astrazione, fuggendo da tutti i bisogni reali e indotti che sembrano indispensabili, per scoprire che siamo nati nudi. Ecco, quando nuoto è come se il mio corpo oltrepassasse ad una ad una tutte le barriere ingrate del tempo. Ogni guizzo è sempre di colore chiaro, la bracciata solleva solo trasparenze e mi sento tutt’una con la grazia fluttuante e fantasiosa del movimento che non pesa. Cinquanta, sessanta vasche continue da venticinque metri e mi trasformo in puro movimento mentre la mente si svuota. Le bolle si rincorrono verso l’alto e il suono subacqueo di me che respiro agisce come un mantra liquido. I pensieri si semplificano, le idee affiorano, le distanze dalla bellezza si accorciano. E poi a ogni vasca compiuta la virata, toccare la parete e capovolgersi con una capriola. L’armonia, l’equilibrio, che oggi chiamiamo con una volgare riduzione benessere e lo misuriamo in calorie, sono le mie mete natatorie.
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