Non poche ma tante persone acculturate e sensibili alla storia, mostrano oggi quasi un fastidio nei riguardi della Giornata della Memoria. La motivazione più o meno antagonista e spesso esibita a volte con una certa superiorità morale è sempre la stessa, ossia che si dia tanta eco all’Olocausto e si trascuri il fatto che l’efferatezza e il sadismo della guerra e della prigionia sociale di cui sono vittima popoli e minoranze è più che mai attuale e meriterebbe altrettanta visibilità. Mi sono spesso sentita a disagio con questo atteggiamento, soprattutto nella sua esternazione in vignette social dove in modo semplicistico si raffronta il tutto con situazioni a mio avviso non comparabili, benché siano situazioni gravissime e che abbiamo molto a cuore, per le quali sentiamo tutto il dolore e la rabbia per l’ignavia e la strumentalizzazione con la quale vengono trattate, politicamente e socialmente.
L’Olocausto, tuttavia, è stata un’unicità nella storia della pratica della morte, per i suoi legami con la produzione industriale, per la creazione di una spaventosa macchina colpevolizzante con un’esattezza senza precedenti e perché è avvenuto nella “civilissima” Europa, dove l’intoccabile paradigma della ragione illuminata ha mostrato tutte le sue debolezze e contraddizioni. Dicono però gli infastiditi che non si possa trattare come un dolore a sé nella storia. Ma credo che questo non sia ovviamente in discussione, considerando che la prevaricazione e la tragicità fa parte della natura umana.
Ognuno di noi, giunto alla mezza età, ha ricordi familiari legati alla seconda guerra mondiale (racconti orali, foto, lettere, cartoline) e molti di noi hanno potuto ascoltare ancora voci dirette di familiari e loro amici. Oltre all’istruzione, ognuno di noi attraverso la lettura, il cinema, le istituzioni museali ha poi assorbito altre conoscenze sui fatti e sulle rappresentazioni di quei fatti. Ognuno ha potuto coltivare maggiore empatia, attraverso l’immedesimazione nella rappresentazione. Tra tanti molteplici racconti visivi o testuali, considero L’Istruttoria di Peter Weiss un libro straordinario che mi ha fatto sprofondare nella sofferenza dell’Olocausto e nella sua assoluta peculiarità storica come poche altre opere. È davvero una lettura, come scritto nella prefazione, per molti versi “insostenibile”, perché è insostenibile leggere questo dolore e la modalità con cui questo dolore viene perpetrato.
Se dovessi consigliare a un giovane un libro nella Giornata della Memoria, consiglierei proprio questo. I binari di un treno non riuscirà più a vederli nello stesso modo. Capirà meglio l’importanza di un processo e il peso della descrizione precisa di un fatto, di un luogo. Leggendo le pagine del libro vivrà dentro Auschwitz per qualche ora, vedrà e ascolterà voci e luoghi. E farà profondamente suo tutto il dolore del mondo, forse di qualunque tempo.