Scirocco, un vento del sud

Vento di scirocco. L’antica storia della navigazione gli è debitrice per aver favorito le rotte commerciali nel Mediterraneo da sud verso nord. Ma lo scirocco è anche un abilissimo trasmutatore di paesaggi, cieli e stati d’animo. Persiste spesso per giorni, scarica umidità, caldo soffocante e sabbia dal Nord Africa o dal Medio Oriente. Modifica colori e cancella nitidezza.

Negli anni Settanta quando il clima qui a Torino era ancora suddiviso in quattro stagioni ben distinte e si atteneva alle latitudini, mio padre, di ritorno dalle sue varie trasferte al sud, ci raccontava lo scirocco. E finalmente, quando ci portò in Sicilia, conobbi da bambina questo vento (nella sua massima espressione tipica della regione, ossia carico di sabbia) prima che finisse per diventare una sorta di fantasia mitologica. In paese gli isolani dicevano, con pungente disappunto, che lo scirocco durava sempre almeno tre giorni, soffiava pulviscoli di deserto in ogni dove e rendeva le persone irascibili e incattivite.

L’aria si definiva nella pausa delle folate in un’immobilità a me sconosciuta, grondante di afa e attesa. Sembrava non accadesse mai nulla. Allora, prendevo la bicicletta pieghevole che i miei avevano cacciato sul portapacchi prima di un viaggio di mille e settecento chilometri e me ne andavo a ridosso del faro per un faccia a faccia con il mare poco dopo lo scirocco, in una spiaggia di pietra pomice che iniziava dove terminava un campo secco cosparso qua e là di fiori spinosi. Era estraniante per me quel luogo, con quella luce astrusa ocra-verdastra, mai vista. Già immaginavo di raccontarlo ai miei amici una volta tornata a casa, loro non erano mai stati al sud ed ero sicura che neppure immaginassero quanto potesse essere fantastico tutto ciò.

Come tutte le persone che amano visceralmente il mare e nuotano parecchio, posso affermare che lo scirocco, quando imperversa forte, rapina l’acqua di tutta la sua limpidezza, invita a bagnarsi ma poi scoraggia il desidero di nuotare, sbiadisce i fondali e trascina l’umore verso una stagione d’animo indefinita.

Però è proprio in questa indefinitezza che mi pare si compia una sorta di salutare ἐποχή (epoché) per la mente, ossia quella che i filosofi greci scettici indicavano come una sospensione del giudizio. Il colore incerto che lo scirocco conferisce a terra e cielo è un tenue ocra in alone lattiginoso che soltanto qualche altro vento spazzerà. Ma nel frattempo si vive dentro una sorta di interruzione, in un tedio imprevisto ma quasi saggio perché allena alla pazienza. Il paesaggio e il mare trasfigurati in un’epifania di colori sbiaditi e alterati possono, in un viaggio nel sud, essere la scenografia di stati d’animo sorprendentemente meditativi.