LA VITA DI SPALLE
La ragazza scartabellava vecchie foto al mercato delle pulci. Cartoline, primi piani, scenari erano divisi per paesi. Francia. Una scatola colma di paesaggi, parigini soprattutto, qualche guglia gotica che svettava impetuosa, marine spumose e fari, provenze lilla che profumavano di lavanda i pensieri. L’ambulante assonato scoperchiava la tazza del cappuccino.
«Quanto mi fa per tutte queste?», chiese la ragazza sporgendogli una decina di fotografie in bianco e nero che ritraevano siti archeologici.
«Un euro l’una, sono dodici, le posso fare… dieci euro», rispose tra un sorso e l’altro, mentre la schiuma gli bagnava i baffi schiariti dalla nicotina.
«Le prendo»
«È appassionata di archeologia, vedo», disse mentre imbustava le cartoline.
«Non in modo particolare… sto solo procurando dei materiali per una iniziativa artistica», rispose congedandosi con un sorriso. Gli sporse il denaro e se ne andò di fretta. A bordo dell’autobus esaminò le immagini, una dopo l’altra. Erano molto prevedibili. Ma non quella dell’anfiteatro romano di Fourviere a Lione. La prova di qualche concerto. Bello quel telone teso come una vela. Voltò la foto, ma sul retro non vi era scritto nulla.
Molti anni prima, altrove nel mondo.
«Ho ritirato dal fotografo le stampe dei rullini», disse lui entrando in cucina.
«Dopo le vediamo», rispose lei mentre comandava i fornelli, «sto preparando una nuova ricetta, sorpresa!»
«Quando dici così lo sai che mi inquieti, Anne», disse lui ironico.
Andò in salotto, si sedette sul divano, aprì la busta e sfilò le foto. Era contento. Era stato un bel viaggio.
Quando si trovò fra le mani quella dell’anfiteatro che gli aveva scattato a loro insaputa l’amico Bill, pensò che prima di allora non aveva mai saputo come dovesse apparire di spalle. Chino con lo zaino in spalla. Tutto sommato, non andava troppo male, per il vecchio che era. Per i vecchi che erano. Era solo la curiosità, l’amore per la musica a farla sporgere in avanti, e incurvare più di lui. Il sole li scaldava piacevolmente fra intervalli di tenue brezza.
Era stato bello non rassegnarsi. Non solo al tempo, alle convenzioni, alle malattie, ma soprattutto alle quattro mura sonorizzate dalla televisione. Lei si ostinava a ossigenarsi i capelli, a tenerli lunghi, a settant’anni. E l’acconciatura, insieme a quella abbronzatura naturale, presa in giardino, dove era solita governare fiori e inquietudini, preservava la sua icona di amante dell’aria aperta. In quella foto, la schiena di Anne appariva ancora vigorosa e intorno alla sua persona aleggiava la grazia della gioventù allietata da camminate e buona cucina.
Lui riconosceva in quella foto i due ragazzi che erano stati, zaino in spalla in giro per l’Europa. Riconosceva che erano arrivati insieme a tutte le cose più belle che la vita aveva riservato. Un briciolo di follia, nel pensare che la vecchiaia non era mai esistita.
«Eccomi», disse lei spuntando sulla soglia del salotto. Aveva i capelli legati e il volto sudato per via dei fornelli. «La zuppa che ho inventato stasera deve sobbollire per quaranta minuti, adesso fammi pure vedere le stampe»
Si strofinò le mani nel grembiule e maneggiò le foto con cura.
«E questa? A nostra insaputa… Bill è sempre il solito»
«Già», fece lui divertito.
«Cazzo, Jack, siamo due vecchi», rispose lei sconsolata.
«Ma se sembri una ragazzina»
«Una ragazzina con l’artrosi… Dio che orrore, Jack, tu te la cavi però, non sei affatto male»
«Be’, pensa, grazie a Bill sappiamo come sono le nostre schiene, di solito ci si vede in fotografia sempre di fronte, e poi… trovo questa foto molto bella», concluse con seriosità.
«Oh sì, è utile per capire quanto sei diventato gobbo», fece lei con una risata squillante.
Lui sorrise e le mise un braccio intorno alle spalle. Seduti sul divano, guardarono le altre foto del viaggio. Poi si baciarono e si amarono come non avveniva da tempo.
Molti anni dopo, altrove nel mondo
«Possiamo rielaborare al computer quella di Arles e l’altra con i musicisti nell’anfiteatro… Bella foto, una azzeccata composizione, con la vela trasversale, la gradinata e le due persone che riempiono lo spazio animato più in basso. Ho già in mente cose grandiose per la post produzione», disse l’uomo che sprizzava bagliori di narcisismo dalle iridi smeraldine.
«È stata scattata all’anfiteatro di Fourviere, a Lione, chissà da chi», rispose la ragazza.
«E non lo sapremo mai. Bella, niente da dire. E soprattutto non banale. Ottimo lavoro di ricerca iconografica!»
La ragazza fece un timido sorriso.
«Mi fa vedere la foto ancora un attimo, per favore?», chiese.
La riguardò, e la voltò. Non c’era scritto nulla.
Copyright © 2015, Silvia Dacomo
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