Mono Lake
Un mio lontano settembre. Mono Lake. California. Un lago salato, incastonato nella Sierra Nevada quasi al confine con lo stato omonimo. Le sponde ammantate dei gialli cespugli del “sagebrush” (Artemisia tridentata). Dolcissimo il loro profumo, e soave, blandiva la ruvida solitudine del luogo. Ruvida, nelle formazioni di lava solidificata dalle forme immaginifiche che fanno cercare somiglianze con tutte le cose conosciute. Ruvida, nell’acqua messa lì a riflettere e cancellare nel suo continuo incresparsi. E a far riflettere, con magnifica esattezza. Ruvida, nella storia dei nativi americani che diedero il nome al luogo. Panorama di bagliori liquidi.
Una lunga escursione, sotto il sole severo. Ti guardi intorno nel Mono Lake. E vedi il silenzio. Lo vedi. È dolcissimo, proprio come il profumo dei cespugli. Non tutti i luoghi naturali smisurati e insoliti emozionano così, ma per via di una vaga claustrofobia li apprezzo forse comunque. Però, qui, c’era ben altro. Sapere che in epoche lontane, forse antichissime, la Terra aveva avuto un silenzio definito. Fragrante di ambrosia.