Considero le spiagge dell’Oregon d’una maestosità rapace, che afferra e porta davvero lontano qualsiasi pensiero tu voglia trattenere. La mente butta giù le sue zavorre, mentre il vento ti sferza la faccia e la coscienza. Ed è su quei litorali che si addensano a riva. Sembrano chiare d’uovo montate a neve. Sembrano batuffoli. Sono le spume dell’Oceano Pacifico, spume naturali rilasciate al largo dalle alghe e ricche di proteine. Pullulano e hanno sempre pullulato lungo i litorali selvaggi dell’Oregon e della California settentrionale (nulla a che vedere con le schiume provocate dall’inquinamento).
L’aria solleva questi soffici agglomerati e dà loro forme continuamente nuove, li respinge in mare, li incolla alla battigia, li soffia verso la parte più interna della spiaggia. Sulla riva le spume galleggiano, si sciolgono, si incollano, si ricompongono, e assorbono come spugne la luce del tramonto. Si rincorrono, fra piccoli uccelli che saltellano velocissimi. Un moto imponderabile e inaspettato.
Camminare su spiagge sconfinate è una delle attività all’aperto che preferisco, seconda solo al nuoto. In molti anni ho percorso centinaia e centinaia di chilometri a piedi, in paesi e regioni in cui queste spiagge vaste esistono e non conoscono stabilimenti. Spiagge libere per il corpo e la mente. In Marocco, Stati Uniti, Inghilterra, Scozia, Danimarca, Grecia, Andalusia. Anche in Sardegna, Corsica, Sicilia, fuori stagione o nei lidi poveri di strutture. E in tanti altri luoghi ho fatto lunghe passeggiate marine. È un modo fantastico per apprezzare la luce del giorno, rinfrescare la consapevolezza che siam qui per caso, per amore o per fatalità, accarezzati e abbandonati dalla natura. Indifferente a noi e magnifica. Come una spuma che vola.